Buongiorno cari lettori, oggi una nuova recensione in collaborazione con Giada Menin per il suo romanzo “Come un angelo caduto dal cielo”
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Leila trascorrere la maggior parte del tempo guardando fuori dal finestrino, ma il panorama è tutt’altro che vario e piacevole. Le uniche cose che scorrono inesorabili davanti ai suoi occhi sono le montagne. Montagne dappertutto. Montagne a destra, montagne a sinistra, davanti, dietro. Non avrebbe mai pensato che lo Yemen avesse così tante montagne e, in ogni caso, non avrebbe mai creduto potessero raggiungere simili altezze. Esse danno vita ad una vera e propria prigione naturale. In questo posto non c’è bisogno di sbarre o catene per rinchiudere o isolare totalmente un essere vivente, pensa sconsolata. Basta portarlo tra queste vette rocciose e, probabilmente, non ritroverà più la via di casa.
Pagine:281
Formato: Cartaceo 15,00 euro
Ebook 7,99
Voto:4-/5

Leila è ancora nel fiore della giovinezza, insieme a sua sorella sembra molto entusiasta di visitare il paese natio del padre. Ma lo Yeman non è l’Italia e si trovano sin da subito catapultati in un’altra realtà!

“Non è proprio il caso che voi tre andiate in giro vestite così. Qui gli uomini non apprezzano molto l’emancipazione femminile. Domani mattina andremo subito a comperare qualche bel vestito nuovo, simile a quelli che indossano le donne qui”.

Così da un viaggio con la propria famiglia, in maniera spensierata e alla ricerca delle proprie origini si ritrovano catapultati in un incubo. In un climax di situazioni bizzarre, incomprensibili al lettore nelle prime pagine che via via si fa sempre più chiaro, si articola il romanzo di Giada.
Dopo l’abbandono senza alcuna spiegazione dei genitori, le ragazze si ritrovano a dover diventare delle perfette donne yemenite, di conseguenza parlare arabo, stare in casa, accudire i familiari, sposare qualcuno senza amore ma solo perché fa parte della progenie araba; rinnegando le loro origini e le proprie libertà.

Se le voci sono basse, quasi un sussurro, immagina che le due stiano parlando di qualcosa di strettamente personale, cose che da sempre porta gli essere umani ad abbassare il tono per non far comprendere a chi ci sta intorno il tema della discussione […] Se le voci sono invece allegre e velate di malizia immagina che stiano spettegolando su qualche amica o conoscente, ma ci sono volte in cui le voci sono estremamente serie e cupe. In quei momenti Leila non chiude gli occhi per fantasticare sui possibili soggetti della discussione poiché teme, così facendo, di ripiombare nella spirale della paura.

In tutta questa prima parte, tutto sembra sembrare opera del demonio, un vero e proprio inferno. Sottomesse, spogliate della loro dignità e la loro libertà.
I personaggi creati da Giada sono molto caratterizzati, questo ha fatto sì che entrassi subito in empatia con alcuni di loro. Inoltre il libro risulta molto lento alla lettura, i dialoghi sono scarni, mentre c’è un grande uso delle parti descrittive così da far sì che il lettore si senti davvero Leila, preferisco però che il lettore venga coccolato dalle parole senza che le descrizioni inizino a diventare troppe e molto pesanti.

Ho notato durante la lettura un’accurata ricerca dei termini, delle tradizioni, culture. Se agli occhi dei meno attenti potrebbe sembrare un romanzo che rimarca una minoranza etnica dove vige la violenza di ogni genere, se si fa attenzione durante la lettura si scorge la forza di una donna, l’amore per la propria famiglia, la determinazione, l’amore e l’amicizia. Vi invito ad immergervi nel romanzo di Giada, viaggiare, aver paura, sperare insieme a Leila.


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