La poesia e la prosa si uniscono in “Cebes Tebano” di Francesco Salvati.
“Cebes Tebano” è un’opera che sfrutta poesia e prosa come veicolo per raccontare una storia di dolore e lacrime. Gli eventi sono vissuti dal punto di vista del protagonista e del suo fanciullino interiore. I fatti prendono l’avvio dai radiosi anni dell’ infanzia, in cui Francesco (il protagonista), per sfuggire da una condizione di figlio unico, dipinge la propria quotidianità con l’ incanto della fantasia. E’ un mondo altro quello edificato da Francesco, scandito da lunghi discorsi con i giocattoli e dalle narrazioni con la bisnonna (Nononna), con la quale il tempo sembra arrestarsi in una dimensione mitica. E’ un microcosmo di solitudine attiva quello che Francesco vive nei dorati anni dell’ infanzia, caratterizzati dal desiderio di una compagnia, che fosse per lui un ulteriore dono, in aggiunta ad una vita munifica e affettivamente pregna.
Per motivarlo a comportarsi bene, la madre lo convince che Dio, prima o poi, gli avrebbe inviato una sorellina affinché diventasse per lui un’amica per la vita.
In un giorno di pollini e fiori, nasce Micol.
L’ incantesimo si spezzerà qualche anno dopo quando verrà diagnosticata una grave forma di autismo alla piccolina, comportando la rottura degli equilibri familiari, la disperazione dei genitori del protagonista ed il suo abbandono affettivo ed emotivo.
E’ a questo punto che, piano piano, l ‘ingenua fantasia di un bambino, comincia a fare i conti con la prosaica e spietata realtà e non serviranno le disperate preghiere a Dio e a Babbo Natale per cambiare il corso degli eventi. Inizierà per Francesco, una lunga corsa in discesa attraverso i sentieri di una vita sempre più grigia e incolore. Il cielo di Francesco diventerà presto muto e senza dei. Un roboante silenzio accompagnerà la solitudine decadente dei suoi giorni e soprattutto delle sue notti.
Sarà questo, quindi, il momento in cui il protagonista si scinderà in due entità distinte: Il Fanciullino ( Che ha conservato la capacità di emozionarsi e sognare) e L’armatura ( L’involucro razionale costruito per fuggire dalle emozioni e dai fantasmi del “mondo vero”, quello al di là della fantasia). I due personaggi coesisteranno, nonostante il fatto che l’armatura abbia preso il sopravvento (per difendere il fanciullino dal dolore) fino all’adolescenza quando, innamorandosi, Francesco la farà riemergere, fidandosi nuovamente della vita e dei suoi doni.
La storia d’ amore, purtroppo, si rivelerà tossica e ricca di abusi; terminerà nel gelo di un istante, spalancato sull’ eternità della morte che imprigionerà la fanciulla ad un’età, sedici anni, per sempre. Il protagonista la cercherà ovunque, nella solitudine e nelle folle, immaginandola in un’aldilà in cui continuerà ad essere la “Ragazzina” che amava e non quella che gli aveva spezzato il cuore. Francesco ormai disilluso e distrutto, si scinderà totalmente (ed in maniera definitiva) nelle sue rispettive polarità.
Il Fanciullino finirà nel “cimitero delle emozioni”, un luogo impalpabile della mente nel quale tutti i ricordi e i sentimenti lentamente si dissolveranno, mentre l’armatura, a poco a poco cancellerà ogni cosa, rivestendola di oblio.
Pagine: 150
Non so quanto l’autore volesse paragonare la sua opera al filosofo, o meglio “dedicare” le sue parole a quel periodo e a quel pensiero, è stato questo quello che ho pensato non appena mi sono imbattuta in questo titolo, a tratti magari fuorviante per chi si immagina il contenuto di un libro dal titolo e dall’immagine di copertina, ma sin dalla citazione iniziale capiamo il riferimento a Pascoli. La sinossi lasciata dall’autore è molto più che esplicativa riguardo il contenuto della sua opera, a tratti dice anche così tanto che il lettore potrebbe perdersi il gusto di capire il filo conduttore delle poesie e della prosa.
Questo libro è autobiografico, ma penso che sia facile immedesimarsi, il protagonista si chiama proprio come l’autore e anche la sorella Micol, anche lei parte fondamentale della storia, era già citata nelle dediche iniziali.
Si inizia, dunque, con poesie che seppur di cadenza hanno le sembianze di una prosa. L’autore decide di andare a capo per stile, per permettere al lettore di fermarsi quando decide lui e non prima, non dopo. Lo stile è molto particolare, si nota un grande studio dietro, penso che l’autore sia un grande lettore di poesia e prosa di chiamiamoli classici, lo si nota anche da alcune citazioni a titoli famosi. Ma si ritrovano anche marchi e vita quotidiana.
Avrei gradito delle note a piè di pagina per alcune frasi, perché così il lettore veniva incluso nello stesso momento dei dialoghi.
Nella prosa si ricerca quella musicalità, ma vi sono dei momenti all’imperfetto e al presente che non mi hanno lasciato quella sensazione.
Nel complesso un libro che lascia emozioni, che ti fa riflettere e una penna che può sicuramente regalarci molti altri scorci di vita.
Voto: